Stagione Teatrale

La Filanda

 

Giovedì

24 settembre 2015

Auditorium La Filanda

Ore 21.00

Compagnia TEATRO DEL BATTITO

Io l'ho sempre chiamata patria

 

Testo e regia Marco FILATORI.
Con Marco FILATORIi e Mauro NEGRI.

 

Progetto

L'idea nasce da una conversazione serale in auto con la dottoressa Chiara Continisio, una delle persone che hanno creato e animano il Nuovo Teatro Ariberto. Doveva pubblicare la 1° Stagione e ancora non avevo deciso che spettacolo proporre.

Erano in predicato vari testi: Il condannato per mancanza di fede di Tirso de Molina, Escuriale di Michel de Ghelderode, Galileo di Bertold Brecht... Poi lei disse “Ma perché non scrivi qualcosa su un grande personaggio della storia italiana...per esempio Sandro Pertini?”

Per me fu immediatamente l'Idea. Lei mi parlò anche di altri grandi figure – Turati, Gobetti, Salvemini... - ma io avevo già deciso. Quella sera tornai a casa e cominciai a cercare informazioni, libri, documenti su Pertini e il giorno dopo la chiamai dandole conferma del progetto e con il titolo che avevo scelto. Cominciai a scrivere il testo almeno un mese dopo, ma quasi da subito avevo deciso di parlare del suo periodo in trincea nella 1° guerra mondiale e di una cosa che purtroppo non riscuote mai troppo successo in Italia: l'idea di Patria. E che sarebbe stata una commedia, tenera e un po' romantica come, appunto, l'idea di Patria. E dove Sandro Pertini, non presente ma continuamente evocato, è la chiave di volta del racconto.

Sinossi

Pertini Alessandro detto Sandro, classe 1896, nel 1917 aveva 21 anni.

E in quell'anno venne mandato sul fronte dell'Isonzo, in piena I Guerra Mondiale. Avevano bisogno di ufficiali e quindi presero tutti i giovani con un titolo di studio, fecero loro un corso accelerato e li sbatterono al fronte. Lui, socialista anti interventista, si trovò a combattere e uccidere giovani come lui. Di Sandro Pertini si è detto e scritto tanto, ma il suo periodo al fronte è sempre stato poco praticato.

Forse perché più lontano nel tempo, o ritenuto, a torto, meno appassionante dei successivi – la lotta antifascista tra le due guerre, i 15 anni di prigione e la condanna a morte, la lotta Partigiana, la partecipazione alla lotta politica nel secondo dopoguerra, la Presidenza della Repubblica... - o ancora, meno celebrativo.

Ma in quei mesi in trincea, tra fango e pidocchi, a rischiare la vita e ammazzare ragazzi della sua età, comandando uomini a volte molto più vecchi di lui, quel ragazzino cresce di colpo. E ciò che vede e vive entrerà nel suo bagaglio di uomo e di politico, contribuendo a farne la figura che conosciamo. La scena si svolge nel luglio 1932 nel sanatorio giudiziario di Pianosa, in provincia di Livorno, che in realtà è un carcere.

Il secondino Sbarufatti Luigino, milanese, è appena stato trasferito dal carcere di San Vittore a Milano, nella prigione sull'isola nel Tirreno. È costretto dal direttore Caddeo a tentare di carpire informazioni all'irriducibile detenuto politico Pertini Sandro.Contando sul fatto che nella Grande Guerra i due erano commilitoni: l'uno tenente e l'altro, il Luigino, soldato semplice ai suoi ordini. I gerarchi sperano che la confidenza tra i due reduci possa portare il Pertini a sbilanciarsi e a fare nomi di altri antifascisti.

La circostanza è immaginaria, ma la prigionia a Pianosa del futuro Presidente della Repubblica Italiana e la figura del direttore Caddeo sono reali. Da questo “pretesto drammaturgico” nasce il racconto dei due soldati al fronte. Episodi veri tratti da racconti di Pertini e altri creati sulla base di letture e ricerche sull'argomento. E sullo sfondo l'Italietta fascista, prepotente e ignorante, violenta e narcisista che non riuscì mai a piegare un gigante come Sandro Pertini.

La messa in scena

Il taglio che ho scelto tiene conto di vari fattori: il centenario dello scoppio della I Guerra Mondiale; il personaggio di Sandro Pertini, epico e romantico suo malgrado, che pur non essendo interpretato da un attore è “presente” in scena; il periodo fascista in cui si svolge il racconto e altri. Ma ho cercato, e credo di esserci riuscito, un poco di leggerezza e di comicità.

Alcuni dei personaggi interpretati sono anche buffi, come il secondino napoletano senza voce e sempre malaticcio e il detenuto toscano che assilla il protagonista Luigino fumando continuamente. Anche perché lo spettacolo non è un dramma, ma una storia a lieto fine, un po' romantica e tenera, dove le vicende di una persona qualunque si incrociano con la Grande Storia e nel suo piccolo, di certo senza saperlo, un poco la cambiano. In meglio.

 

VideoClip dello spettacolo

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